Santa Messa 50o Anniversario Sacerdozio Don Vincenzo Carnevale,  Paola 1 Agosto 2020

18a Domenica Ordinaria, 4 Agosto 2024

Io sono il Pane della Vita: chi viene a me non avrà più Fame e chi crede in me non avrà Sete, mai!
Di fronte alla nostra precarietà e alle molteplici prove della vita, povertà di mezzi materiali, mancanza di casa e di lavoro, ristrettezze economiche, malattia improvvisa, l’uomo senza fede, inevitabilmente, scarica la colpa su Dio, mormora, si lamenta e si ribella contro di Lui, percependolo come l’unico responsabile e perfido ingannatore. In un attimo, ci si dimentica di quanto Dio ha fatto per noi, dei doni ricevuti e da quali situazioni di schiavitù siamo stati liberati e a quale libertà siamo stati chiamati e verso quale meta siamo diretti! “Dio non esaudisce i nostri desideri, ma è fedele alle Sue promesse” (Boniffer) e le Sue promesse superano grandemente e sorpassano, sempre, ciò che noi chiediamo, possiamo desiderare ed aspettarci!
Nella Prima Lettura, il dono della manna, risposta di Dio al popolo contestatore mormoratore, oltre a muovere a fiducia e ad obbedienza, vuole anche educarci a cercare l’altro pane, quello del raggiungimento della libertà e il conseguimento della fedeltà a Dio. Il Signore provvede al Suo popolo il cibo, la manna, per sostenerlo nella fatica e nei rischi del cammino nel deserto e per non farlo morire di fame. La manna, prefigurazione eucaristica, nutre e sostiene Israele per tutto il cammino dell’Esodo, ma non può garantire la vita oltre la morte. Nel Vangelo, Gesù, riferendosi a questo cibo misterioso sceso dal cielo, presenta Se stesso: “Io sono il Pane della vita”, quello vero che “dà la vita al mondo”. Al tempo di Gesù, al pio ebreo si insegnava che la manna del deserto era annuncio e segno di un dono più grande, il dono della Legge, la cui osservanza bastava a condurre alla vita e che le opere della legge si dovevano fare per piacere a Dio e per ipotecarsi la salvezza, vantando meriti presso di Lui. Nel Vangelo, Gesù risponde: l’unica opera della legge è credere all’Inviato mandato da Dio! Credere è riconoscere, accogliere, scegliere e seguire il Dono di Dio: il Figlio Gesù! Non sono le opere dell’uomo (della legge) a salvarlo, ma la sola opera di Dio: Riconoscere, Accettare, Credere, Seguire Colui che Egli ha mandato. “Sono Io” questo Pane che viene dal cielo e che il Padre Mio vi manda e ve lo dona, perché, ‘mangiandone’, abbiate in voi la Vita e l’abbiate in abbondanza e in eterno!
Il Pane che dura per la vita eterna è il pane che non possiamo procurarlo noi, ma si riceve come dono del Padre, attraverso il Figlio. Il nuovo Cibo è dono! All’uomo, dunque, non è richiesto di procurarselo da sé, ma di riceverlo e accoglierlo con fede e nella gratitudine: ne potrà mangiare nella misura in cui l’accoglierà e lo riceverà!  Cercare sempre Gesù è il segno distintivo del vero Suo discepolo. Non sempre, però, questa ricerca, è sincera, ben motivata e ben orientata. La folla perché cerca Gesù? Non  perché ha visto i Suoi segni, ma perché hanno mangiato e si sono saziati di quei pani moltiplicati! Per questo, Gesù vuole dirigere e rifondare la vera ricerca e far passare “dal cibo che non dura” al “cibo che rimane per la vita eterna”.
Paolo, nella seconda Lettura di oggi,  ancora una volta si rivolge a tutti i Cristiani (e non solo a quelli di Efeso) che mediante il Battesimo hanno aderito a Cristo, divenendo, per mezzo del Suo Spirito, “Nuove Creature” e li “scongiura”, con amore paterno,  a “non comportarsi più come i pagani con i loro vani pensieri” e ad  “abbandonare l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli”, per rinascere, rinnovati nello spirito, “uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità”.
Noi
, pellegrini nel deserto della vita, anche in questa Domenica, siamo convenuti per cercare il Signore e ci stringiamo attorno a Lui, per accogliere il cibo della Sua Parola, luce e guida per il nostro cammino, e nutrirci del Suo pane, che è la Sua stessa vita, spezzata per noi, come ha saziato di manna il Suo popolo nel deserto per non farlo morire di fame (prima Lettura). Nulla ci viene richiesto in contraccambio e nulla dobbiamo “fare, se non compiere l’opera di Dio: “Credere in Colui che Egli ha mandato” (Vangelo), che ci dona la grazia di “deporre l’uomo vecchio” che è in noi e di “rivestire l’uomo nuovo”, capace di vivere ed agire “nella giustizia e nella vera santità(seconda Lettura). “Credere in Colui che Egli ha mandato”, vuol dire cercare Gesù, rimanere con Lui, ascoltarLo e obbedirGli in tutto, nella fedeltà totale e gioiosa fiducia. Questa è l’opera di Dio! Noi, chiamati e convenuti, oggi, alla stessa mensa dell’unico Pane di vita, sperimentiamo una fame che sempre rinasce: fame e sete di vita nuova, di verità assoluta, di giustizia, di pace di amore oblativo. L’Eucaristia, Pasqua del Signore, ci nutre ogni giorno di Parola di Verità e di Pane di Vita. La Parola ci comunica il “Pensiero di Cristo” (1 Cor 2,16) che ci modella e ci fa liberi; il Pane della vita ci nutre, ci assimila, ci fa dimorare e ci unisce a Lui, che ci unisce tra di noi, facendoci fratelli tutti e tutti figli amati dal Padre. Dunque, chi si nutre di Cristo (Parola, Corpo e Sangue) non può restare “uomo vecchio”, deve lasciarsi svestire “del vecchio” ed essere rivestito “del nuovo”.

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Ultimo aggiornamento 03/08/2024 - 09:00

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