Santa Messa 50o Anniversario Sacerdozio Don Vincenzo Carnevale,  Paola 1 Agosto 2020

5a Domenica di Quaresima, 17 Marzo 2024

Ed io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me
L’obbedienza di Gesù al Padre ci insegna come amare sacrificandoci e come partecipare al mistero della Sua Passione, Morte e Risurrezione.
Nel Vangelo Gesù ci insegna ad obbedire alla legge dell’amore sacrificale, seguendo l’esempio del chicco di grano: morire a noi stessi per amore per produrre frutti di amore per gli altri! Oggi, infatti, Gesù, rispondendo ad alcuni Greci che volevano “vederLo”, annuncia l’ora, della Sua glorificazione/risurrezione, che avverrà, solo, attraverso la Sua passione e morte, come il chicco di grano che, per portare nuova vita e moltiplicare i suoi frutti, deve lasciarsi perdere nella madre terra, fino a quasi morire nelle sue viscere e, poi, un nuovo soffio di vita sente crescere in sé, fino a rompere l’ultimo strato di solitudine e di abbandono, di buio e di freddo per spuntare al sole e respirare vita nuova e “produrre molto frutto”. Attraverso la morte è data nuova vita! Gesù promette che si svelerà e si farà conoscere da loro e da tutti, quando sarà innalzato sulla Croce e da lì, potrà essere visto e conosciuto, perché Egli attirerà a Sé tutti coloro che a Lui “volgeranno lo sguardo” e “a Lui obbediranno”! Gesù va incontro alla Sua “Ora” (Passione e Glorificazione, Morte e Risurrezione) con libertà e solo per obbedienza al Padre e per amore nostro! Per quest’Ora è vissuto, ha annunciato, ha agito, in quanto solo con la Sua morte darà agli uomini la “vita eterna”, che è la comunione con Dio. A ciascuno di noi, Egli dice e insegna: “Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (v 25). “Odiare la propria vita” non significa disprezzarla o suicidarsi, ma doverla “spendere” a servizio e per amore degli altri. Il fine della nostra vita, infatti, è donarla per amore, come Gesù, che muore sulla croce perché ci ama, anche se siamo peccatori. È tutto qui l’insegnamento della Sua Parola: “Chi ama la propria vita la perde” e, così, va inteso “l’odio” per la vita terrena (psiche) perché sia conservata per “la vita eterna” (zoe). Dunque, “odiare” la propria vita (psyche: esistenza terrena), dono di Dio, è spenderla per amore degli altri, in quanto questa, prima o poi dovrà concludersi, “la perderemo” e, perché possiamo ritrovarla “eterna”, dobbiamo “perderla” per amore degli altri. In qualche modo, “la conserveremo” la nostra vita terrena e, nello stesso tempo, sarà “nuova” ed “eterna”. Come il seme caduto in terra, per portare frutti e per non rimanere “solo”, deve morire, così, la creatura deve spendersi (svuotarsi) fino a morire a se stesso, per amore per gli altri, e per risorgere a vita nuova ed eterna. Gesù ci chiede tutto ciò che Egli ha compiuto: è passato da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, “li amò fino alla fine”, offrendo la Sua vita, sacrificandola per amore sulla croce ed “attirare a Sé” tutti noi, chiamati a donare la nostra vita come Egli l’ha donata! Cristo Gesù ci ha liberato, grazie alla Sua obbedienza al Padre, che ha imparato proprio nella prova della passione per insegnare a noi ad obbedire a chi ci ama e che vuole solo il nostro bene, anche attraverso il dolore, la sofferenza, la solitudine, la malattia e la stessa morte temporale! Noi alla sequela di Gesù, il Figlio obbediente al Padre fino a dare la Sua vita in nostro favore, dobbiamo cominciare a imparare l'obbedienza da Chi “imparò l’obbedienza dalle cose che patì”, a partire dalla quotidiana passione di immancabili sofferenze, solitudini, abbandoni, scoraggiamenti, malattie inattese e improvvise, prolungate e inguaribili, situazioni umanamente insostenibili: calunnie, persecuzioni, maldicenze, ingiustizie, emarginazioni e rifiuti. Gesù, “vero Dio e vero Uomo”, ci vuole insegnare, così, che la vera obbedienza al Padre, che ci ama, non cupa sottomissione, ma verità sulla quale si fonda la vera libertà dell’uomo.
Geremia
ha obbedito a Dio anche quando gli ha chiesto di annunciare eventi terribili al suo popolo, che gli hanno procurato molte sofferenze e persecuzioni, oggi, proclama un grande annuncio di salvezza: il Signore Dio, perdonerà le loro iniquità e le loro infedeltà e concluderà con la “casa d’Israele” una nuova alleanza, ponendo dentro di loro la sua legge e la scriverà nei loro cuori, sarà il suo unico Dio ed essi suo popolo.
Paolo
, nella seconda Lettura, presenta Gesù quale unico e sommo sacerdote, modello dell’obbedienza perfetta in profonda comunione con il Padre, e causa di salvezza eterna “per tutti coloro che gli obbediscono”. Pur essendo il Figlio di Dio, Gesù uomo, fu solidale con noi fino a patire ciò che patì per noi! Da questi patimenti ‘imparò’ l’obbedienza filiale, che lo ha reso “perfetto” a “divenire causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”. I pochi versetti della Lettera agli Ebrei, che presenta il Cristo come il Sacerdote “degno di fede e misericordioso”, ubbidente fino al sacrificio di Sé, divenendo il perfetto ed unico Mediatore fra Dio e l’uomo e ‘causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono’, ci vogliono annunciare che solo il Figlio che è stato reso unico Sacerdote, sommo ed eterno, ci salva con la Sua offerta sacrificale. Perché, infine, Dio, il Padre, ha permesso che il Figlio Suo diletto subisse una violenza ingiusta e infamante fino a dover morire? Paolo cerca la risposta nella Teologia Sacrificale: Gesù doveva insegnarci l’obbedienza a Dio, attraverso la solitudine, l’abbandono, la sofferenza e la Sua stessa morte, perché la Sua offerta definitiva e completa, perfetta e totale, deve liberarci dai riti e sacrifici antichi, miranti ad espiare le colpe, per istituire l’Eterno Sacrificio Santo e Perfetto della Sua Persona che sola può ristabilire la comunione con il Padre
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Ultimo aggiornamento 16/03/2024 - 08:05

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