Santa Messa 50o Anniversario Sacerdozio Don Vincenzo Carnevale, Paola 1 Agosto 2020
23a Domanica Ordinaria, 10 Settembre 2023
Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello
Ascoltate oggi la voce
del Signore: Pienezza
della Legge è la carità
Matteo,
nel suo “Discorso
ecclesiale”, riporta le
istruzioni e le norme
per educare i discepoli
ad acquisire
comportamenti di
accoglienza e di amore
nel orreggere il
fratello che ha
sbagliato per smuoverlo,
con delicatezza e e
premura ad aprirlo con
fraternità alla
conversione, al perdono
e alla riconciliazione e
al conseguente
reinserimento nella
Comunità.
La Parola di Dio,
oggi, vuole insegnare a
tutti i membri,
soprattutto ai “dirigenti
– responsabili” a
servizio delle Comunità,
come comportarsi
con il fratello che ha
commesso una colpa per
essere “guadagnatio” ad
ogni costo. I discepoli
devono imitare l’atteggiamento
di Dio, il quale “non
vuole la morte del
peccatore, ma che si
converta e viva” (Ez
33,11) e che non
vuole che si perda
alcuno di quelli che gli
‘appartengono’ (cfr
Lc 19,10; Gv 3,16; 6,39;
17,12). La missione
della Chiesa e di ogni
suo membro unito a
Cristo, Capo del Corpo,
dunque, è quella di
condannare il peccato, e
di amare, perdonare e
“guadagnare”, ad ogni
costo, il peccatore, suo
membro e fratello di
tutti gli altri.
La correzione
fraterna, l’amore
oblativo (la
carità-agapè), il
perdono vicendevole e la
preghiera armonica e
comunitaria, fondano
e ripristinano la
comunione nella Chiesa e
“guadagnano” i
fratelli che hanno
sbagliato.
Certo, non è mai facile
correggere un fratello
che sbaglia. Questo sarà
possibile solo se si
mira a “guadagnarlo”
nell’amore paziente
e benigno, nella
Preghiera unanime e
concorde, guidati e
illuminati dalla Parola
di Dio, che è luce di
verità e fonte di
carità, e non a
condannarlo e a “scomunicarlo”!
La verità, infatti,
senza amore, è
senz’anima, e
l’amore, senza
verità, è cieco!
Il profeta Ezechiele,
costituito dal suo
Signore sentinella
vigilante ed allertante,
è inviato al Suo popolo
a riferire la Sua parola
per renderlo consapevole
delle proprie infedeltà
e invitarlo alla
conversione,
avvertendolo sui gravi e
mortali pericoli
che corre se non si
decide a ri-tornare
al suo Signore (Prima
Lettura). Ezechiele,
come Geremia, è
chiamato, ed è
mandato, non a “distruggere”
(solo il peccato
va distrutto, non
il peccatore!) ma, per “costruire”,
non per condannare
e giudicare,
ma, per promuovere
la vera conversione
al Dio vero e
misericordioso che
lo farà rivivere!
L’Apostolo Paolo
conferisce una profonda
spiritualità all’atto
necessario della
correzione fraterna e
ricorda che l’unico
debito da contrarre
tra fratelli è quello di
un amore vicendevole.
L’agàpe fraterna,
la vera virtù e l’unico
debito contratto dai
cristiani con
tutti gli altri, è l’amore
per ogni uomo,
in quanto creatura da
amare, perché
figlia da Dio: questo
amore “non fa alcun
male a nessuno ed è
pieno compimento della
Legge” (Seconda
Lettura).
Gesù ci insegna,
con le Sue parole e con
il Suo esempio, che la
correzione fraterna
è un compito
profetico, affidato
all’Assemblea dei
fratelli e che è un vero
e proprio dovere
di carità per chi Lo
vuol seguire. La
correzione fraterna,
che è missione di
tutti, del
singolo credente e
di tutta la Comunità,
deve mirare a
“guadagnare” il fratello
che sbaglia e ad
aiutarlo, con amorevole
cura, a
riconoscere il suo
errore per
convertirsi e
ristabilire la
fraternità ferita
e la carità disattesa
fra tutti i membri. La
vera correzione
fraterna consiste
nel farsi carico
del peccato del
fratello, sull’esempio
di Gesù e con
quell’amore che è l’unico
adempimento della
Legge (Vangelo).
Il fine della
correzione fraterna,
nelle tre Letture,
infatti, mira a
“guadagnare” il fratello
a Dio e alla Comunità,
non a farlo perdere e
ad escluderlo
definitivamente dalla
Comunità! Guai a
noi! se non abbiamo
‘guadagnato’ quel
fratello che è morto nel
suo peccato, perché
non lo abbiamo aiutato a
correggersi con
quell’amore con il quale
Dio ci ama e ci
perdona! Saranno
per noi queste
tremende parole del
Signore: “della sua
sorte chiederò conto a
te” (Ez 33,8).
Il nostro
S. Francesco di Paola
sintetizza
l’insegnamento del
Vangelo
con queste sagge parole:
“Tutti coloro che
sono preposti al governo
di quest'ordine dei
Minimi non senza motivo
vengono chiamati
Correttori: perché
correggendo anzitutto se
stessi, correggano con
comprensione i frati
loro affidati, sicché
compatiscano i difetti
dei loro fratelli e
cerchino insistentemente
piuttosto la loro
emendazione che la
punizione” (Sacra
Regola, Cap X n. 44).
Dunque, prima di
correggere gli altri,
correggiamo noi stessi!
E S. Monica, la
madre, ha ottenuto la
conversione del figlio
Agostino, più con “le
preghiere” e “le
lacrime”, che con aspri
giudizi e condanne
definitive:” un
figlio di tante lacrime
non può andare perduto”
(S. Ambrogio)..
Ultimo aggiornamento
09/09/2023 - 08:10
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