15a Domenica Ordinaria, 14 Luglio 2019

Nella prima Lettura, amare Dio è obbedire la Sua Parola, ascoltandola ed eseguendola con tutto sé stesso (mente, cuore e anima), nel Vangelo si attualizza nel ‘farsi prossimo’ per prendersi cura di chi è nel bisogno e nella sofferenza, ricordandoci che siamo stati ‘soccorsi’, risanati, riconciliati e pacificati con Dio e resi partecipi del Suo amore, nel sangue che Cristo, ‘Immagine del Dio invisibile’, Primogenito di tutta la creazione e di quelli che risorgono dai morti, Capo del Corpo, che è la Chiesa, ha versato per noi dalla Sua croce (seconda Lettura).
Chi è il mio prossimo? Anche noi consideriamo nostro prossimo chi ci è accanto, chi vive con noi, il familiare, l’amico, il parente, il compaesano, il calabrese, l’italiano, escludendo il nemico, l’extracomunitario, lo straniero, lo sconosciuto, l’antipatico, chi ci ha fatto del male, chi non la pensa come noi.
Gesù ci dice e ci insegna che, non solo dobbiamo amare il prossimo come noi stessi e che il prossimo sono tutti gli uomini che sono nostri fratelli, ma dobbiamo amare e perdonare anche i nemici e farci prossimo di tutte quelle persone che sono in difficoltà, nella sofferenza e giacciono, morenti, ai margini delle strade che percorriamo ogni giorno, dinanzi ai quali, dobbiamo fermarci, interrompendo i nostri affari, scendere dai nostri cavalli, avvicinarci e prenderci cura di lui finché non abbia riacquistato pienezza di vita, dignità e futuro.
Come ‘farsi’ ed ‘essere’ prossimo? Passare accanto e vedere chi giace sanguinante e morente ai margini delle nostre storie. Sentirne e averne compassione, fermarsi, interrompere gli affari, scendere, chinarsi, curare e fasciare le ferite, portarlo là dove è al sicuro e può guarire completamente. Donarsi tutto: spendersi, impiegando tempo e denaro, rimandando affari e impegni!
La Parabola, che Gesù coglie nella vita concreta e quotidiana, ci riporta subito in strada, sulla strada, lungo la quale si passa, ogni giorno, vicino a tante persone. Tra queste, tanti uomini che giacciono feriti, sanguinanti e morenti, perché i briganti di turno li hanno spogliati e ridotti in fin di vita. Anche noi dobbiamo convertirci dal nostro essere e del nostro agire come quel sacerdote e quel levita che si voltano dall’altra parte per non vedere e non doversi fermare, presi dalla ‘fretta‘ di raggiungere il tempio per servire il culto e ossessionati dalla pratica farisaica di non doversi contaminare con il sangue dello sventurato.
Dobbiamo, invece, imitare l’esempio di questo samaritano, uno appartenente ad un popolo in perenne inimicizia e contrasto con i giudei, che considerano, perciò, nemico, eretico, peccatore, persona inaffidabile con la quale non si vuole avere alcun rapporto. Questi, soltanto, tra tanti passanti indifferenti, gli si fece accanto, lo vide (lo volle vedere!) ne ebbe compassione e, mosso da amore viscerale e materno, scende da cavallo, si china su di lui, gli disinfetta e fascia le ferite, lo carica sul suo giumento, lo porta alla locanda e ‘si prese cura di lui’!
La compassione che ne ebbe il Samaritano è interiore e si traduce subito nella forma esteriore e concreta, descritta nei suoi particolari nei momenti progressivi: con il suo coinvolgimento totale (anima, cuore, mente, tutte le sue forze) questi, considerato ‘peccatore, eretico, scomunicato e impuro’, si fa prossimo dell’uomo sanguinante e morente, ed adempie pienamente il Comandamento unico e indivisibile dell’amore di Dio e del prossimo.
Gesù, Buon Samaritano, Modello supremo

‘Ancora
oggi, Gesù come buon Samaritano,
viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello
spirito
e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e
il vino della speranza’
(Pref. Comune
VIII: Gesù Buon Samaritano).
Ultimo aggiornamento
12/07/2019 - 12:33
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