3a Domenica di Pasqua, 5 Maggio 2019
Lo Spirito Santo e noi siamo testimoni del Risorto
La
pesca miracolosa vuole istruire,
educare e formare i discepoli, e tutti noi, a
comprendere l’essenza del loro e nostro compito
e della loro e nostra missione nella Chiesa, nel
Mondo e nella Storia: eseguire la Sua Parola per
essere Suoi fedeli testimoni, divenendo
pescatori di uomini.
Le tre domande a Pietro, che gli ricordano il triplice rinnegamento, richiedono, perciò sincere risposte di conversione e di amore oblativo, sono rivolte anche a ciascuno di noi, affinché possa prendere coscienza dei propri limiti, tradimenti e debolezze e, nello stesso tempo, comprenda qual è l’anima, la fonte e il culmine del discepolato: la relazione con il Risorto Gesù Cristo testimoniata dall’ascolto e conseguente esecuzione della Sua Parola con fiducia e per amore (Vangelo).
Lo Spirito Santo anima e guida la missione affidata agli Apostoli, i quali dichiarano nel Sinedrio di voler ‘obbedire a Dio piuttosto che agli uomini’, nella fedeltà assoluta, fino ad essere lieti di subire oltraggi per il nome di Gesù’ (prima Lettura).
Nel celebrare, qui in terra, la Liturgia celeste noi annunciamo la vittoria dell’Agnello sul peccato e sulla morte e confessiamo la certezza che, nonostante le nostre miserie e debolezze, il Risorto ci farà risorgere con Lui e a Lui, perciò ‘lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli’ (seconda Lettura).
Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At 5,29) è chiaro che non si vuole negare l’importanza di ubbidire anche agli uomini, ma si vuole affermare che questa deve fondarsi sull’obbedienza a Dio prima di tutto e che l’obbedienza agli uomini deve essere sottoposta a continuo discernimento, perché non si riduca, in definitiva, ad un obbedire a se stessi, ai propri tornaconti, privilegi, disegni e desideri!
Venite a mangiare! (Gv 21,12) Ai discepoli, delusi e affaticati, appena scesi dalla barca con le reti vuote, Gesù chiede qualcosa da mangiare. Questi non hanno nulla da darGli. Egli indica loro dove pescare. Obbediscono e le reti sono ricolme! Scendono a riva, trovano tutto pronto, sulla brace viva, pesce arrostito e pane caldo: venite e mangiate! Ed Egli stesso serve il pranzo. Nella celebrazione dell’Eucaristia, quotidiana e domenicale Gesù ci invita a mangiare di Lui chiedendoci il nostro poco, per darci tutto Se stesso. Infatti, nella Comunità, riunita nel giorno del Signore, Pasqua settimanale e quotidiana, siamo invitati amichevolmente: ‘venite a mangiare’ la cena che Egli, amorevolmente, ha preparato per noi e che Egli stesso serve a tutti noi! Riusciremo a riconoscerLo come il Risorto e ci lasceremo amare fino a farci coinvolgere nel dinamismo della Sua Risurrezione?
Lo sai che ti voglio bene (philèo). Pietro, all’amore totale (agapao) del Risorto risponde e non sa ancora andare oltre il verbo ‘voler bene’ (philéo). Per tre volte, così risponde, perché si ritiene incapace, nella sua umiltà, dell’amore totale, gratuito del Signore: egli può solo rispondere all’amore agapico di Gesù, con un tenero ‘ti voglio bene’, proprio da chi è consapevole che il suo ‘voler bene’ non può nascere se non come umile risposta a quell’amore grande che lo precede e, quindi, lo fonda.
‘È il Signore’ (Gv 21,7). Giovanni, il discepolo che si lascia amare di più, come già in 20,8, davanti alle bende, ‘vide e credette’, per primo Lo riconosce, crede e Lo annuncia agli altri ‘è il Signore!’. Il discepolo ‘amato’, più esattamente dobbiamo dire ‘il discepolo che più amava il Signore’, rende esplicito, a nome d
i
tutti, tale riconoscimento! Egli non dice solo
che è Gesù Risorto, ma che è ‘il Signore’ della
sua vita, perché la sua esistenza ora a Lui
appartiene per sempre e totalmente!
Noi, oggi, siamo disposti a lasciarci amare per poter essere inseriti nel dinamismo del mistero della Risurrezione e per imparare a donare noi stessi agli altri? Questo è il problema vero!

Le tre domande a Pietro, che gli ricordano il triplice rinnegamento, richiedono, perciò sincere risposte di conversione e di amore oblativo, sono rivolte anche a ciascuno di noi, affinché possa prendere coscienza dei propri limiti, tradimenti e debolezze e, nello stesso tempo, comprenda qual è l’anima, la fonte e il culmine del discepolato: la relazione con il Risorto Gesù Cristo testimoniata dall’ascolto e conseguente esecuzione della Sua Parola con fiducia e per amore (Vangelo).
Lo Spirito Santo anima e guida la missione affidata agli Apostoli, i quali dichiarano nel Sinedrio di voler ‘obbedire a Dio piuttosto che agli uomini’, nella fedeltà assoluta, fino ad essere lieti di subire oltraggi per il nome di Gesù’ (prima Lettura).
Nel celebrare, qui in terra, la Liturgia celeste noi annunciamo la vittoria dell’Agnello sul peccato e sulla morte e confessiamo la certezza che, nonostante le nostre miserie e debolezze, il Risorto ci farà risorgere con Lui e a Lui, perciò ‘lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli’ (seconda Lettura).
Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At 5,29) è chiaro che non si vuole negare l’importanza di ubbidire anche agli uomini, ma si vuole affermare che questa deve fondarsi sull’obbedienza a Dio prima di tutto e che l’obbedienza agli uomini deve essere sottoposta a continuo discernimento, perché non si riduca, in definitiva, ad un obbedire a se stessi, ai propri tornaconti, privilegi, disegni e desideri!
Venite a mangiare! (Gv 21,12) Ai discepoli, delusi e affaticati, appena scesi dalla barca con le reti vuote, Gesù chiede qualcosa da mangiare. Questi non hanno nulla da darGli. Egli indica loro dove pescare. Obbediscono e le reti sono ricolme! Scendono a riva, trovano tutto pronto, sulla brace viva, pesce arrostito e pane caldo: venite e mangiate! Ed Egli stesso serve il pranzo. Nella celebrazione dell’Eucaristia, quotidiana e domenicale Gesù ci invita a mangiare di Lui chiedendoci il nostro poco, per darci tutto Se stesso. Infatti, nella Comunità, riunita nel giorno del Signore, Pasqua settimanale e quotidiana, siamo invitati amichevolmente: ‘venite a mangiare’ la cena che Egli, amorevolmente, ha preparato per noi e che Egli stesso serve a tutti noi! Riusciremo a riconoscerLo come il Risorto e ci lasceremo amare fino a farci coinvolgere nel dinamismo della Sua Risurrezione?
Lo sai che ti voglio bene (philèo). Pietro, all’amore totale (agapao) del Risorto risponde e non sa ancora andare oltre il verbo ‘voler bene’ (philéo). Per tre volte, così risponde, perché si ritiene incapace, nella sua umiltà, dell’amore totale, gratuito del Signore: egli può solo rispondere all’amore agapico di Gesù, con un tenero ‘ti voglio bene’, proprio da chi è consapevole che il suo ‘voler bene’ non può nascere se non come umile risposta a quell’amore grande che lo precede e, quindi, lo fonda.
‘È il Signore’ (Gv 21,7). Giovanni, il discepolo che si lascia amare di più, come già in 20,8, davanti alle bende, ‘vide e credette’, per primo Lo riconosce, crede e Lo annuncia agli altri ‘è il Signore!’. Il discepolo ‘amato’, più esattamente dobbiamo dire ‘il discepolo che più amava il Signore’, rende esplicito, a nome d

Noi, oggi, siamo disposti a lasciarci amare per poter essere inseriti nel dinamismo del mistero della Risurrezione e per imparare a donare noi stessi agli altri? Questo è il problema vero!
Ultimo aggiornamento
03/05/2019 - 16:48
indirizzo email parrocchiale
posta@parrocchiadelrosariofuscaldo.it