4a Domenica Ordinaria, 3 Febbraio 2019

Anche noi consacrati ad essere profeti per edificarci nella carità che non avrà mai fine
Gesù, Compimento di tutte le Profezie e delle Promesse antiche, è rifiutato proprio dai Suoi compaesani che, addirittura, Lo giudicano un falso profeta e Lo cacciano fuori dalla città, Lo portano sul ciglio del monte ‘per gettarLo giù’! Ma, Egli, segno di perenne contraddizione, separazione netta e incontrovertibile, cioè, tra luce e tenebre, male e bene, verità e falsità, sincerità e ipocrisia, accoglienza e rifiuto, ‘passando in mezzo a loro, si mise in cammino’. Anche Geremia, consacrato e costituito Profeta delle Nazioni, nella sua missione è contrastato e perseguitato, ma resta fedele alla consacrazione ricevuta sin dal grembo materno, e, ora, sorretto dalle parole rassicuranti e forti del suo Signore, ‘ti faranno guerra, ma non ti vinceranno perché Io sono con te’, si pone in cammino; ‘stringe le vesti ai fianchi’, a completo e totale servizio della Sua Parola, senza paure, compromessi e tentennamenti. La Seconda Lettura, più che ‘un inno’ alla Carità è la Magna Charta dell’Amore crocifisso, Agapè, amore oblativo, che si dona senza condizioni, il donarsi pienamente e totalmente, percorrendo con fedeltà, le diverse vie dell’amore casto e fecondo: sponsale, materno, filiale, coniugale, fraterno, celibatario e, consacrato. Per otto volte, nel testo di oggi, ricorre il termine ‘carità’, per farci prendere coscienza di cosa è la vera carità e cosa non è carità, e per confrontare e rispecchiare in e con questa verità, le nostre idee, i nostri convincimenti, le nostre definizioni e concetti di carità. Dopo sì che possiamo chiederci se le nostre idee sulla carità combaciano con la Verità della Carità ‘che non avrà mai fine’. Non può finire, perché Dio è Amore, perché ci ha creati per amore e per amare, perché l’amore è dono perfetto (v 10), perché è essenziale per l’esistenza del cristiano (senza l’amore, la vita non sarebbe nulla v 2), perciò, non può aver fine (v 8). Senza la carità, unica forza vitale che ‘non avrà mai fine’, semplicemente, non si è cristiani, non si vive secondo lo Spirito di Gesù. Tutto il resto, senza Agapè, si riduce a nulla. Anche i carismi, senza amore, sono niente, nulla! Tutto senza l’amore è niente!
Solo la Carità è realtà perfetta (to téleion), le altre sono grandezze parziali! Anche l’esempio usato da Paolo, e ben conosciuto nella retorica ellenistica, del ‘bambino’ che pensava e ragionava da bambino, ma una volta diventato ‘adulto’, per essere tale, deve eliminare e superare ciò che è da bambino (v 11), caratterizza la perfezione assoluta della carità e la parzialità e caducità degli altri doni. In altri termini, l’amore-carità segna la maturità, pienezza-perfezione del cristiano, mentre l’esperienza carismatica, anche la più eccelsa, è contrassegno dell’età infantile.
olo la carità, dunque, segna la maturità e la pienezza dell’essere cristiani. La via più sublime per raggiungere questa maturità cristiana, dunque è solo l’Agape che non finirà mai! ‘Nel profeta, accolto dai pagani e rifiutato in patria’, è la Parola di Dio a rivelarci e manifestare ‘il dramma dell’Umanità che accetta o respinge la Sua salvezza’ e ci infonde la forza e ci dona il ‘coraggio dell’annuncio missionario del Vangelo’ (cfr seconda colletta).

41A GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA
Il germoglio che arricchisce presente e futuro È vita, è futuro!
Germoglia la speranza
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«Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa» (Is 43,19). L’annuncio di Isaia al popolo testimonia una speranza affidabile nel domani di ogni donna e ogni uomo (…). L’esistenza è il dono più prezioso fatto all’uomo, attraverso il quale siamo chiamati a partecipare al soffio vitale di Dio nel Figlio Suo Gesù (…). L’abbraccio alla vita fragile genera futuro. Per aprire il futuro siamo chiamati all’accoglienza della vita prima e dopo la nascita, in ogni condizione e circostanza in cui essa è debole, minacciata e bisognosa dell’essenziale. Nello stesso tempo ci è chiesta la cura di chi soffre per la malattia, per la violenza subita o per l’emarginazione, con il rispetto dovuto a ogni essere umano quando si presenta fragile. Non vanno poi dimenticati i rischi causati dall’indifferenza, dagli attentati all’integrità e alla salute della "casa comune", che è il nostro pianeta. La vera ecologia è sempre integrale e custodisce la vita sin dai primi istanti.  La vita fragile si genera in un abbraccio: «La difesa dell’innocente che non è nato deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo». Alla «piaga dell’aborto» – che «non è un male minore, è un crimine» – si aggiunge ildolore per le donne, gli uomini e i bambini la cui vita, bisognosa di trovare rifugio in una terra sicura, incontra tentativi crescenti di «respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze».  Incoraggiamo quindi la comunità cristiana e la società civile ad accogliere, custodire e promuovere la vita umana dal concepimento al suo naturale termine. Il futuro inizia oggi: è un investimento nel presente, con la certezza che «la vita è sempre un bene», per noi e per i nostri figli. Per tutti. È un bene desiderabile e conseguibile.  (Messaggio Cei. 41° Giornata per la vita. Il germoglio che arricchisce presente e futuro).

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Ultimo aggiornamento 01/02/2019 - 16:52