2a Domenica di Quaresima, 25 Febbraio 2018
Ascoltatelo!
'Egli,
dopo aver dato ai discepoli l’annuncio della
Sua morte, sul santo monte manifestò la Sua
gloria e chiamando a testimoni la Legge e i
profeti indicò agli Apostoli che solo
attraverso la passione possiamo giungere al
trionfo della resurrezione’ (Prefazio
Proprio).
Gesù, nel ‘prendere’ con Sé i tre discepoli e
nel condurli in disparte su un alto monte,
dove ‘fu trasfigurato’, non solo ha rivelato
la Sua gloria e la Sua identità, ma ha,
anche, manifestato tutto l’amore che nutre
per questi Suoi discepoli, che vuole
preparare a sostenere lo scandalo
della croce e a non disorientarsi e smarrirsi
durante la Sua passione e morte, passaggi
obbligati e necessari per potere entrare e
partecipare alla gloria della Sua
Risurrezione.
Salire l’alto monte dietro e con
Gesù, oggi, sul Tabor, poi, sul Golgota,
portando la nostra croce con Lui, e dare la
nostra vita come Lui per risorgere con Lui!
L’alto monte, luogo teologico, è il punto
più basso del cielo e il punto più
alto della terra che in esso si ‘toccano’
e si ‘incontrano’ nel mistero della Sua
Trasfigurazione, nella dolcezza della Voce
che rivela e comanda, nella fatica di dover
scendere a valle per risalire l’altro monte,
il Golgota. Là dove cielo e terra, uomini e
Angeli potranno contemplare quel Volto, ora
trasfigurato di gloria e bellezza e, allora,
sfigurato dai nostri peccati, nel quale,
però, ci è rivelato il Volto della gloria e
della misericordia di Dio, Padre Suo e Padre
nostro, insieme al Suo grande amore che Lo
spinge a darsi tutto per noi, a togliere il
peccato del mondo e ad annientare la nostra
morte con la Sua e a farci prendere parte
alla Sua risurrezione. I Padri della Chiesa
vedono la Trasfigurazione come la ‘Cresima
di Gesù’.
L’altro monte da salire, con Abramo e
Isacco, lo indica la prima Lettura. Il
Signore, anche su questo luogo, che ‘ha
indicato’, si rivela e si fa conoscere amante
e difensore della vita, e fa comprendere,
anche, ad Abramo che il dono, che ha
ricevuto, il figlio della promessa, non può
essere sua proprietà e che va restituito al
Donante, che è la fonte alla quale il dono
deve riportarci. Quando, invece, il dono
diviene possesso e su di esso riponiamo ogni
nostra speranza, questo diventa ostacolo e
idolo, perché prende il posto del Signore,
che ce lo ha donato per farci risalire a Lui
origine e fine di tutto.
Paolo, animato e spinto dalla carità
di Cristo (2 Cor 5, 14), che vive in lui (Gal
2, 20b), dopo aver proclamato e professato
che Dio, che ha risparmiato il figlio di
Abramo, sul monte che Egli ‘gli aveva
indicato’, nella pienezza dei tempi,
sacrificherà sul monte della croce il
Figlio Suo amato e in Lui saranno ‘benedetti’
e redenti tutti gli uomini (v 32), pone a
tutti noi, nella seconda Lettura, delle
domande che hanno in sé già la chiara e
luminosa risposta: Chi ci separerà,
dunque, dall’amore di Cristo? Forse la
tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la
fame, la nudità, il pericolo, la spada? (v
35).
Nulla e nessuno - conclude e
risponde Paolo, con il suo amore ardente per
Colui che vive in lui e lo fa vivere come Lui
- potrà mai separarci dall’amore di Dio,
in Cristo Gesù, nostro Signore (v 39)?
QUARANTORE
25-27 febbraio 2018
Cuore della Chiesa, Vertice e Culmine
di ogni Cammino Pastorale
L’EUCARISTIA FA
LA CHIESA
‘Sentire un rinnovato bisogno di
trattenersi a lungo, in spirituale
conversazione, in adorazione silenziosa, in
atteggiamento di amore, davanti a Cristo,
presente nel Santissimo Sacramento!’
Ultimo aggiornamento
24/02/2018 - 13:30