20a Domenica ordinaria, 19 agosto 2018
Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue rimane in me e io in lui
Gesù, che ha
moltiplicato i pani e sfamato tutta la folla
che Lo ha cercato e Lo ha
seguito,
ha acceso l’altra fame, offrendo l’altro Pane
disceso dal cielo: ‘Io sono il pane!’ Oggi,
ci rivela che il Pane vivo disceso è la Sua
carne, dichiarando la necessità assoluta di
mangiarLa per vivere e non morire!
Mangiare
di Lui per vivere
in
Lui, con Lui e per Lui!
Andare per vedere dove abita, trovare
casa presso di Lui, rimanere/dimorare
e lasciarsi abitare dalla Sua persona,
che si dona nella Sua carne da mangiare e nel
Suo sangue da bere per ‘avere la vita eterna’
ed essere risuscitati nell’ultimo giorno.
L’Eucaristia,
Cibo unico e unica Bevanda per
farci risorgere. Cristo Gesù, Altare, Vittima
e Sacerdote, ogni giorno ci fa sedere alla
Sua mensa, dona la Sua carne da mangiare e il
Suo sangue da bere, dono perenne del Padre
fedele e misericordioso alla Umanità, sempre
più affamata e assetata di giustizia,
concordia e pace, che solo nell’ascolto
obbediente della Sua Parola e nella
partecipazione al Banchetto della Sua carne e
del Suo sangue, possiamo colmare questa fame
e questa sete.
Nella prima Lettura, Donna
Sapienza, attiva ed operosa,
‘invita’ pubblicamente, attraverso delle sue
ancelle, a mangiare il suo pane di
saggezza e prudenza che rende la
vita serena e felice, e ad
abbandonare le vie della stoltezza e
della follia.
La Sapienza,
che si è costruita la sua casa su basi
stabili, solidi e inamovibili, prepara Lei
stessa il suo banchetto per tutti gli
‘inesperti’ che ascolteranno l’invito a
venire a mangiare e nutrirsi del suo pane,
per andare diritti per la via dell’intelligenza e della vita
e abbandonare quella dell’inesperienza
e della stoltezza. Questa
promessa di vita piena, il Vangelo
afferma essersi compiuta in
Cristo.
L’Apostolo,
nella seconda Lettura, si rivolge ai ‘Fratelli’,
invitandoli ad aprire bene gli occhi
per guardare bene dove mettono i piedi:
‘guardate, dunque, attentamente a come
camminate’! L’imperativo iniziale, blépete,
‘vedete accuratamente,
considerate attentamente’,
introduce alla seria vigilanza e responsabile
discernimento sul proprio modo di vivere e di
agire. C’è, dunque, un ‘camminare’ da
stolti (à-sophòi), e un ‘camminare’ da
saggi (sophòi). L’invito -
imperativo di Paolo ai ‘Fratelli’ è
perentorio ed amorevolmente pressante: siate
sapienti, vivete da saggi e da prudenti
proprio perché ‘i giorni sono cattivi’.
Siamo noi a
rendere cattivi i nostri giorni!
Guerre, violenze inaudite, dio denaro a
fondamento di tutto, le follie sterminatrici
di vite innocenti, il sangue sulle strade,
tra le mura domestiche mille violenze e
soprusi! Noi cristiani,
oggi, ci comportiamo da saggi o da
stolti? Da sconsiderati o pieni
dello Spirito Santo? Viviamo secondo
la Sapienza che viene dall’alto o siamo
affossati e annegati nella cultura e
mentalità del mondo? In questa estate,
‘facciamo buon uso del tempo’?
Ci ‘intratteniamo tra noi - almeno la Domenica - con
salmi, inni, cantici ispirati, rendendo
continuamente grazie per ogni cosa a Dio
Padre’?
Le
scelte richiedono rinunce!
Se scelgo
lo Spirito della vera vita, libertà e gioia,
devo rinunciare ad ubriacarmi ‘di vino’,
che ‘mi fa perdere il controllo’ di me
stesso, mi spinge a far ‘cattivo uso
del tempo’ e, perciò, a rendere ‘cattivi’ i
miei giorni. E, se voglio comportarmi da
saggio, devo rinunciare ad ogni
insipienza e stoltezza e scegliere
le vie della Sapienza.
Ultimo aggiornamento 17/08/2018 - 20:29