XXIV Domenica Ordinaria, 17 settembre 2017

Quante volte, Signore, devo Perdonare? 'Sempre' e 'Di Cuore'!
Se perdoni l’offesa al tuo prossimo, Dio ascolta ed esaudisce la tua preghiera e ti saranno rimessi i tuoi peccati. ‘Rancore e ira sono cose terribili’, deturpano il cuore e desertificano tutta la persona (prima Lettura). Spezzare la catena dell’odio, del rancore, della vendetta, per riconciliarsi con i fratelli, perdonandosi sempre, come Dio fa con noi. I cristiani, che si riconciliano e si perdonano, sono segno visibile di Dio pietoso e misericordioso, lento all’ira e ricco di amore! La Parola è di bruciante attualità in un mondo dominato dall’odio, dall’ira, dalla vendetta, dalla gratuita e astuta provocazione, dai soprusi, dal terrorismo e dalle guerre in atto a macchia di leopardo. Si crede e si vuole ripristinare la giustizia con la violenza, con le minacce di guerre, di bombe nucleari e di distruzione di massa. La prima Lettura ci avverte e ci mette in guardia dall’ira e dal rancore, ‘cose orribili’ che generano solo divisioni e conflitti, dalla collera, portatrice di lotte e contrasti, seminatrice di incontrollabili ostilità a catene, discordia e contrapposizioni crescenti e pericolose, vendette cieche e ritorsioni rabbiose. Ci chiede di fuggire da queste ‘cose orribili’, invitandoci ad una vita più saggia e a cercare, nell’ascolto (ob-audio) della Parola di Dio e nella vera preghiera, nel perdono vicendevole, nella correzione fraterna e nella misericordia la soluzione dei conflitti inevitabili per le nostre diversità, e non nella rissa, nella sete di vendetta, nel rancore che alimenta risentimento e nell’odio che genera ostilità! Il respice finem (v 8: ‘ricordati della fine!’), più che generare paura della morte, è invito a guardare alla meta e ad accelerare la corsa verso il bene e frenare la deriva del male. Il Vangelo invita tutti noi, attraverso la figura di quel servo ingrato e impietoso, al quale tanto era stato condonato, a convertirci alla logica della misericordia, nelle nostre relazioni interpersonali e umane. Dobbiamo essere misericordiosi verso il fratello, che ha peccato contro di noi, come il Padre lo è sempre verso di noi peccatori: Misericordes sicut Pater! Devo perdonare ‘sempre’ e ‘di cuore’, come Dio! Il ‘respice finem della prima Lettura, in Paolo, trova la sua ragione e il suo fondamento: la nostra vita ha un fine, non una fine! E il fine è Gesù Cristo, al Quale solo apparteniamo, perché siamo del Signore, sia che viviamo sia che moriamo, e, perciò, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, ma viviamo e moriamo per Cristo, che è morto ed è risorto per noi. Quante volte, Signore, dovrò perdonare? Nella stessa domanda, possiamo cogliere la radicale difficoltà dell’uomo, il quale ha bisogno sempre di quantificare, di misurare e limitare il perdono, che è amore radicalmente gratuito e senza condizioni. Il perdono (iper-dono) non entra nella logica della giustizia retributiva, ma in quella del dono gratuito e, perciò, senza la grazia divina, l’uomo carnale non riesce e non può perdonare. Il perdono è opera di Dio che libera il nostro cuore dall’ira, dai risentimenti e rancori, dalla collera e dalla vendetta verso chi ci ha offeso e ha mancato nei nostri confronti. È dono il perdono, come la fede, la preghiera, la speranza e la stessa capacità di amare. È dono di Dio, ricco di pazienza e di benignità, che ha mandato il Figlio e Gli ha addossato tutto il nostro peccato, che viene lavato dal Suo sangue e tolto con il Suo sacrificio. Imparare a perdonare, perdonando il fratello, ogni giorno, come, ogni giorno, il Padre ‘perdona a noi i nostri debiti’. Educare il cuore a sentimenti di compassione e di bontà e d’indulgenza nei confronti dei nostri debitori, come Gesù ci ha insegnato sulla croce (Lc 23,34) e, come noi stessi, pregando nel Pater, ogni giorno, promettiamo: ‘rimetti a noi, come noi li rimettiamo’! Il Padre vuole perdonare sempre i nostri gravi debiti, ma ‘può’ farlo, solo se noi facciamo altrettanto con i nostri fratelli che contraggono piccoli debiti con noi. E, proprio perché colui al quale molto era stato condonato, aggredisce e fa mettere in carcere il fratello, che poco gli doveva, subito gli viene revocata la grazia poiché non ha avuto misericordia e non ha voluto agire con il fratello, come il padrone-re ha agito con lui. Infine, riflettiamo e paragoniamo i piccoli e saltuari torti che riceviamo e confrontiamoli con i nostri quotidiani grossi debiti di amore e fedeltà nei confronti di Dio Creatore e Padre, del Figlio nostro Redentore e Salvatore e dello Spirito di amore, riversato nei nostri cuori.

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Ultimo aggiornamento: 14/09/2017 - 23:47