XXIII Domenica Ordinaria, 10 settembre 2017

La Carità, compimento e pienezza della Legge
Noi Cristiani, sempre debitori dell’amore fraterno e vicendevole!
L’unica ‘Legge’ è l’Amore che ne è il suo compimento. È la Carità infatti a compiere la Legge. La Correzione Fraterna, atto e dovere di amore. Se non la facciamo, siamo complici e dovremo renderne conto! Con il Battesimo ognuno di noi è stato costituito profeta e sentinella, posta a guardia e difesa di ogni fratello minacciato e aggredito dal nemico mortifero (prima Lettura), prendendo, così, coscienza che il debito permanente del cristiano, è amare! Amare l’altro senza ambiguità e incondizionatamente! L’amore fraterno deve essere senza pregiudizi e limitazioni, perché è espressione della volontà di Dio e, perciò, è il pieno compimento della Legge (seconda Lettura). Per ascoltare efficacemente questa Parola fondamentale, invochiamo e lasciamoci creare un ‘cuore e uno spirito nuovo, perché ci rendiamo sensibili alla sorte di ogni fratello secondo il comandamento dell’amore, compendio di tutta la legge’ (Colletta Alternativa). La Correzione Fraterna, atto di amore tenero e materno. Io responsabile del mio fratello, che si allontana o si è già allontanato da Dio e dalla Comunità. La correzione fraterna, l’amore, il perdono e la preghiera ripristinano la comunione nella Chiesa e ‘guadagnano’ i fratelli che hanno sbagliato e se ne erano allontanati. La correzione fraterna deve essere vicendevole, perché tutti ne abbiamo bisogno, produce i suoi frutti e raggiunge i suoi scopi, solo se la si compie secondo i pensieri di Dio e l’agire di Cristo, se è sorretta dalla preghiera unanime e concorde e se è animata dalla carità sincera e da profonda umiltà. La correzione èun’arte che si impara solo da Gesù, umile e mite di cuore, che dona Sé stesso per guadagnare l’uomo peccatore al Padre e che sa commuoversi ed avere compassione delle ‘folle, perché sono stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore’ (Mt,9, 36; 14,14;15,32; 18,27;20,34; Mc 1,41;6,34;8,2; Lc 7,13;10,33.37). La Chiesa, il Cristo, suo Capo, la vuole sempre Madre, come Egli l’ha fatta sgorgare dal Suo petto squarciato e dissanguato sulla croce! Non può e non deve ridursi a matrigna o peggio a freddo tribunale che emette condanne e sottoscrive scomuniche!
Prima Lettura: Ezechiele viene costituito sentinella di un popolo in esilio, senza città e senza mura, quale vedetta-sentinella, attenta e vigilante, per avvisare per tempo il popolo circa i pericoli ‘minacciati’ e imminenti. Egli dovrà rivolgere la Parola a tutti: al giusto per confermarlo nella fedeltà all’alleanza, ma soprattutto all’empio/malvagio, perché si converta e viva. Ezechiele, dunque, da Dio è inviato al popolo eletto per avvertirlo e renderlo consapevole delle proprie colpe e delle relative gravi conseguenze, per invitarlo e sollecitarlo alla conversione che può essere realizzata solo attraverso la grazia e luce della Parola, a lui affidata, che pone tutti di fronte ad una verità più alta, quella che vive di carità. La verità senza amore, è senz’anima e l’amore, senza verità, è cieco! Seconda Lettura: l’Apostolo conferisce una profonda spiritualità all’atto necessario della correzione fraterna e ricorda che l’unico debito, da contrarre tra fratelli, è quello dell’amore verso ‘l’altro’, perché pieno compimento della Legge è l’amore e non v’è altro adempimento vero se non l’amore. L’Agàpe fraterna è la vera virtù e l’unico debito che abbiamo contratto con il fratello, che sta sbagliando, e, con il mondo, che si sta perdendo. Agape che abbraccia ogni uomo, in quanto creatura e fratello da amare, perché amato da Dio: ‘la Carità non fa alcun male al prossimo perché pienezza della Legge è la Carità’ (v 10)! Il Vangelo: Gesù ci insegna la vera correzione fraterna che è un dovere profetico, affidato a ciascuno di noi e a tutti noi che inseriti e conformati a Gesù, formiamo la Sua Ekklesia. La correzione fraterna, che è, dunque, missione comune del singolo credente e di tutta la Comunità, deve mirare a ricondurre il fratello ‘peccatore’ a riconoscere il proprio errore, lasciarsi convertire ed essere ‘guadagnato’ da Dio alla comunità per ristabilire la fraternità ferita e la carità trasgredita fra tutti i membri. Farsi carico del peccato del fratello, è l’unico modo per ricondurlo nella Ekklesia e per adempiere, così, tutta la Legge nella Carità.

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Ultimo aggiornamento: 07/09/2017 - 19:10