25a Domenica Ordinaria, 18.09.2016

Guai a voi che calpestate il povero e sterminate gli umili
La Misericordia è grazia e, insieme, dono impegnativo e operativo a voler trasformare e convertire, con risoluzione e prontezza, con sana ‘furbizia’ e avvedutezza, con intelligenza e rapidità, senza tentennamenti e incertezze, i beni e le ricchezze da oggetto di egoismo, di schiavitù e di idolatria, di ingiustizia e di oppressione, a ‘grazia’ di condivisione fraterna, di giustizia e di comunione, che ristabiliscano uguaglianza e fratellanza, ridonando dignità e libertà, soprattutto, agli indigenti, ai poveri e ai deboli. Questo, e solo questo, chiede Gesù ai Suoi discepoli, che cercano il Regno nella Sua sequela, con la semplice e chiara Sua richiesta di come dovrebbero essere e dovrebbero agire i Suoi, chiamati a comportarsi sempre da ‘figli della luce’. Il Signore (Kyrios) Gesù, infatti, ‘loda’ e ‘si complimenta’ con il ‘prudente’ e avveduto ‘amministratore disonesto’, non per approvare il suo agire iniquo, ma per sollecitare i ‘figli della luce’ ad imitare la sua accortezza, il suo intuito, la sua rapidità nel prendere la decisione necessaria per uscire dalla situazione di criticità nella quale, la sua disonestà lo aveva fatto precipitare. I Suoi discepoli, in sintesi, nel seguirLo e cercare il Regno, devono essere più intuitivi e tempestivi, più rapidi e più decisi, più coraggiosi e più solleciti nel bene dell’amministratore disonesto, ‘figlio di questo mondo’.
Gesù
, vuole indicarci
il modo e la necessità del corretto e saggio uso della ricchezza, mettendoci, nello stesso tempo, in guardia dall’eccessiva ‘confidenza’ e ‘amore sregolato’ (aman) verso essa. Dio ci ha affidato i beni della terra, che restano Suoi e che sono destinati a tutti, e Gesù detta le istruzioni per l’uso giusto ed efficace e ci avverte, anche, sulle mortali ‘controindicazioni’ di quanto Egli ci ha affidato, perché tutto sia condiviso e distribuito nell’equità e fratellanza universale. Usare i beni per fare il bene, senza farsi usare, dominare e guidare, servirsene nella libertà e condivisione fraterna, ma senza esserne asserviti e schiavizzati. Il problema, dunque, non è la ricchezza in se, e, il problema morale non sta nell’avere tanto o poco, ma il rapporto che l’uomo instaura con essa, l’uso che ne fa, la sua libertà e padronanza su di essa. Il denaro-ricchezza, dunque, per sé, non è ‘diabolico’, non ha in sé valenza morale, in quanto ‘cosa’, che in sé, non è né buonacattiva. La moralità, la bontà o meno, sta nella persona e nell’uso che ne fa. È dono di Dio per il bene di tutti e, come tutti i doni, richiedono massima responsabilità nell’usarli per il fine, per cui ci sono stati affidati.  
Dio
o mammona? Una società, come la nostra, che si poggia solo sull’economia ed è ispirata e diretta da una politica, preoccupata e occupata solo a fare Leggi Finanziarie, a curare il buon andamento del PIL, a seguire il mercato e la Borsa quotidianamente, si disinteressa di Dio e dell’uomo, è latitante sulle problematiche familiari, giovanili, educative ed occupazionali, è assente e distratta  sui veri valori fondanti e urgenti problemi, perché assorta e impegnata solo sul sistema economico-produttivo, punto e centro, scopo e fine di tutto. Così, abbiamo costruito, con le nostre menti, cuori e mani, il nuovo idolo, la ‘ricchezza’ (denaro-averi-cupidigia-avidità-commercio-affari…), che esclude e azzera i valori della persona, la giustizia, la solidarietà, la condivisione, la fraternità. Tutto questo è mamon, che esclude Dio e i Suoi disegni di bene e di pace, di giustizia e di uguaglianza su di noi tutti, calpestando e svuotando la persona umana della sua dignità, libertà e vera identità. Devo convincermi, finalmente, che non è l’economia a far girare il ‘mondo’, ma l’amore di Dio e del Prossimo, e, a determinare le mie scelte non deve essere il mio egoismo, i miei interessi, affari e privilegi, ma la Parola e il Regno di Dio, non i nostri vantaggi, ma l’amore di Dio attualizzato nell’amore per tutti e tutto. La Parola ci chiede di deciderci subito per il Regno, con prontezza, determinazione e con scelte radicali, coraggiose e rivoluzionarie. Amare-servire Dio e non amare ed essere asservito dalla ricchezza mamon. La disonesta ricchezza è tale, soprattutto, perché sottratta e rubata a chi abbiamo reso povero e indigente, nel senso della prima Lettura (‘calpestare il povero’) e del Salmo (‘rialza il povero’): povero-indigente è ‘ebyon’, colui che, ora, dipende e vive grazie a qualcuno che gli dona qualcosa da mangiare e per coprirsi! Perciò, non si tratta di fare l’elemosina o un’opera di carità, ma di dover ripristinare la giustizia infranta e restituire, con i dovuti interessi, ciò che abbiamo loro rubato: Dignità, Umanità, Libertà e Futuro!

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Ultimo aggiornamento: 15/09/2016 - 12:00