4a Domenica di Quaresima, 06.03.2016
SUO PADRE EBBE COMPASSIONE, GLI CORSE INCONTRO, GLI SI GETTÒ AL COLLO E LO BACIÒ
LE BRACCIA DI DIO SONO SEMPRE APERTE!
Egli, che
ci ha attesi, con compassione materna, corre incontro a noi
che, finalmente, ci siamo decisi a tornare da Lui, perché
senza il Suo amore, moriamo di fame. Nella Sua Misericordia
siamo i benvenuti (prima Lettura), i benvoluti
e riconciliati (seconda Lettura), gli accolti
e i protetti (Salmo) e sempre i bentornati
nelle Sue braccia materne (Vangelo).
Due figli,
tutti e due perduti, ha questo padre, due
fratelli che si evitano, non si incontrano mai: uno nei
campi, nell’illusione di servire il padre e di non avergli
mai disobbedito; l’altro, invece, ha abbandonato padre e
casa, per partire e andare lontano a sperperare la sua
eredità, ‘vivendo in modo dissoluto’! Entrambi,
avvitati al proprio io e prigionieri dei propri interessi e
piaceri. Due figli perduti da un padre che li attende, ogni
giorno, sulla soglia di casa, con la porta sempre aperta e
con lo sguardo sull’orizzonte più lontano! Ma quando si
decidono a lasciarsi raggiungere, abbracciare e baciare dal
loro padre, che, ogni giorno, è sempre più in pensiero per
loro? Ora, che sono ritornati tutti e due a casa, il padre
li accoglie e, attraverso i suoi GESTI e le sue PAROLE,
vuole farli riflettere, rivelando loro il Suo Vero Volto di
PADRE, che perdona e apre sempre a nuove possibilità,
ponendoli nella condizione di poter scegliere, nella piena
libertà e senza alcuna costrizione, di ritornare ad essere
veri figli e a vivere, fedelmente, nella RELAZIONE di figli.
Nulla, infatti, dice il Padre al minore, ma
tanto gli vuole insegnare e far capire con i suoi gesti
e moti d’animo: lo vede da lontano, prova per lui commozione
viscerale/materna, gli corre incontro, gli si getta
al collo e lo bacia. Poi, attraverso i suoi ordini impartiti
ai servi, comanda di vestirlo dell’abito della nuova
DIGNITÀ, di mettergli l’anello della RESPONSABILITÀ al dito
e i sandali della LIBERTÀ ai piedi, di ammazzare il vitello
grasso e fare FESTA, perché questo figlio suo era morto
ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato
(vv 22-24). Dio vuole educare, attraverso la festa, che deve
segnare un nuovo percorso per i due figli, i quali sono
chiamati tutti e due alla stessa tavola della Sua
Misericordia, per farli ritrovare fratelli e riconoscersi
figli dell’unico Padre, affinché, dopo essersi perduti e
allontanati da queste relazioni, facciano ritorno a vivere
il rapporto FRATERNO tra di loro e la FIGLIOLANZA con il
Padre, liberandosi da ogni reciproco fraintendimento e
risentimento e dall’ostilità fratricida e invidia mortifera.
Questi due figli ingrati e fratelli rivali, devono imparare
dal Padre l’arte della Misericordia e convincersi che
il Banchetto della Festa è stato voluto per entrambi che,
pur nella diversità di modi e di comportamenti,
si sono allontanati e si sono perduti tutti e due,
anche se, ora, sono stati ritrovati e posti dal Padre, buono
e misericordioso, nelle condizioni di poter, finalmente,
ricominciare a vivere nella dignità di figli e nella
responsabilità di fratelli.
DIO, MEDIANTE CRISTO, CI
RICONCILIA CON LUI e vuole che noi ci riconciliamo
con i fratelli, ci apre a nuova dignità e ci affida nuovi
compiti: la RESPONSABILITÀ di concludere NOI questa
Sua Parabola, che Egli lascia aperta, attendendo la
nostra libera scelta e il nostro gioioso coinvolgimento. Non
fermiamoci, perciò, a perdere tempo nel chiederci, se questo
fratello maggiore, così arrabbiato e furente contro suo
Padre e suo fratello minore, entrerà o non entrerà alla
festa e se il minore, finalmente, comincerà a vivere da
FIGLIO e se, in conclusione, TUTTI e DUE si abbracceranno
per vivere la relazione fraterna ritrovata! Tutte belle
cose! Ma la cosa, assolutamente necessaria, è che
IO mi lasci personalmente coinvolgere in questa
Storia di Misericordia. IO, questi due
fratelli ribelli, invidiosi e ricalcitranti, devo decidermi
subito a far ritorno dal Padre mio,
DIO
misericordioso e pietoso, che ogni giorno, mi cerca e mi
attende per abbracciarmi come una madre, perché la Sua vera
festa sono IO, anche se torno da Lui solo per non morire di
fame, senza pensare, poi, a quanto sia caduto in basso e in
che stato pietoso mi sono ridotto lontano da Lui: a
stare con i porci e a non poter mangiare,
neanche, il loro cibo, le carrube! Torno a casa e
rinuncio ai miei doveri di figlio e scelgo, ancora, di
essere un qualsiasi ‘salariato’, libero di poter disdire il
contratto, quando voglio, magari, per rifare lo stesso
errore! IO, questo, fratello che urla la sua rabbia contro
il Padre, che lo ha fatto partecipe di tutti i suoi beni e
che manifesta, sdegnosamente e con disprezzo, tutta la sua
invidia, che sfocia in odio astioso e velenoso. IO che non
voglio entrare in casa, per protesta e, più precisamente,
per non dover vivere nella fedeltà e docilità la relazione
filiale e per non dover incontrare l’altro, mio fratello, e
per non dover vivere in relazione con lui! SONO TORNATO A
CASA, MA ANCORA NON VIVO DA FIGLIO E DA FRATELLO! Perciò,
voglio aprirmi alla Misericordia di questo Padre, che vuole
farmi una Festa, che anticipa la FESTA senza fine nel
cielo e farmi gustare già la gioia e la grazia delle Sue
parole, dette dal Figlio: ‘C’è più gioia nel cielo per un
peccatore che si pente che per novantanove giusti’ (v
7). Devo cominciare a far gioire MIO PADRE, impegnandomi
seriamente, questa volta, a vivere, anche se con fatica,
ogni giorno di più, da figlio e da fratello,
figlio di Dio misericordioso e materno e fratello amorevole
e compassionevole di ognuno!
MISERICORDES SICUT PATER! MISERICORDES SICUT PATER!
Ultimo aggiornamento:
03/03/2016 - 13:43