5a Domenica di Pasqua, 03.05.2015

  • Io la vite, voi i tralci
    Senza di me non potete fare nulla, chi rimane in me porta molto frutto
    Se non rimane nella vite, il tralcio, non ha nessun futuro, così noi cristiani se non rimaniamo saldamente e vitalmente inseriti ed uniti intimamente a Lui non siamo Chiesa. La Chiesa la fa Gesù Cristo, il Capo del corpo, le cui membra, che siamo noi, non solo devono concorrere tutte al bene del corpo e ciascuna a quello delle altre membra, ma dobbiamo rimanere attaccate ed unite al Corpo, altrimenti perdiamo l’identità e la missione, non abbiamo futuro e vita in noi! Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. Troppe parole, troppi riti, troppo apparire, troppo protagonismo… niente amore! Il Battesimo ci innesta alla Vite, il ‘rimanere, sempre più saldamente e vitalmente, uniti alla Vite, ogni giorno di più, ci fa ‘diventare Suoi discepoli. Il verbo usato da Gesù è ‘rimanere’ e non ‘essere’, perché non si è mai abbastanza Suoi discepoli, perciò lo ‘saremo’ solo se persevereremo nella Sua sequela, fino alla fine, quando, cioè, ‘Egli si sarà manifestato e noi saremo simili a Lui, perché Lo vedremo così come Egli è’ (1 Gv 32b). Rimaniamo uniti ed inseriti a Cristo, la vera Vite, se vogliamo vivere e donare frutti di amore e di vita. La bellezza e la verità della Parola, anche oggi, schiudono il nostro cuore al Suo amore, che è più grande del nostro peccato. Uniti alla stessa Vite, nutrendoci della stessa Sua linfa, viviamo in comunione tra di noi, il primo e fondamentale dei frutti richiesti ai Suoi tralci. Se siamo divisi tra noi, non siamo uniti alla Vite. Le divisioni tra di noi sono segno che non siamo uniti alla stessa vite e che perciò, non possiamo portare i frutti desiderati dalla Vite Gesù. La linfa della Vite dona vita ai Suoi tralci, i quali porteranno frutti, sempre più abbondanti, se ‘resteranno’ uniti alla Vite e, perciò, in comunione tra di loro e se si lasceranno potare, ad ogni stagione, dal solerte ed esperto agricoltore, che conosce bene dove togliere e cosa lasciare! I tralci che si staccano dalla vite, cadono giù, seccano e vengono bruciati! La linfa viva della Vite genera vita nei tralci e li conserva in unità. È Gesù Vite che fa l’unità tra i tralci. Solo in Gesù Cristo, unico Pastore delle pecore e Vite dei Suoi tralci, è possibile l’unità tra di noi e la comunione con tutti! Solo se resteremo uniti a Lui, vera e unica Vite, che dona vita, la Sua linfa ci farà vivere e ci farà ‘diventare’, giorno dopo giorno fino al compimento della nostra vita, Suoi discepoli, e solo se ci lasciamo potare dall’esperto vignaiolo, potremo portare frutti sempre più abbondanti e più buoni. Se non rimane attaccato alla madre vite, il tralcio non è niente e non può avere futuro: secca inesorabilmente e viene bruciato. Senza Gesù, il cristiano non è cristiano, la Chiesa non è chiesa, la vita non è bella e la salvezza è impossibile. La nostra vocazione è Rimanere uniti a Gesù, ogni giorno di più, è ascoltarLo e seguirLo, nella gioia e nella fedeltà, è obbedire ed eseguire ogni Suo comando con prontezza e per tutta la vita, perché il discepolato non è per un giorno o per le ‘feste comandate’, ma è ‘per sempre’! Ecco il senso pieno del verbo ‘rimanere’, usato da Gesù tante volte in questo brano evangelico, che afferma la necessità vitale dell’indissolubile unione-comunione tra la Vite e i tralci. Ci pensiamo a cosa si ridurrebbe un rigoglioso e promittente tralcio, se decidesse di distaccarsi dalla madre vite, che lo alimenta continuamente e lo fa crescere con la sua stessa linfa vitale? È la linfa della vite che ci fa vivere, maturare e portare i frutti buoni e preziosi. Paolo, nella prima Lettura di oggi, solo dopo che si è lasciato unire al Risorto, che ha perseguitato, può cominciare a predicare, con convinzione ed efficacia, ai fratelli Giudei il Cristo: Cristo vive in Lui, perciò, Lo può annunciare e testimoniare fino al martirio! Così, l’unione e la comunione con Cristo, può far affermare a Giovanni la dolce e consolante verità: Dio è amore e ci ha amato tanto da donarceLo dimostrando che l’amore è più grande del nostro cuore e del nostro peccato. È la comunione con Dio ad aprire il cuore del Salmista e lo fa passare dalla disperazione dell’abbandono, alla certezza che mai Dio può abbandonare i Suoi figli e, perciò, gli fa cantare la Sua lode al Suo Dio per la ritrovata speranza e la fiducia riacquistata. Amare nei fatti e nella verità! La verità dell’amore la dicono e l’attestano i fatti! Dai frutti si riconosce l’albero! In una parola riassuntiva: ‘non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità’ (1 Gv 3, 18), perché, solo quando amiamo ‘nei fatti’ e ‘nella verità’ dell’amore gli altri, diveniamo sacramento dell’amore di Dio per il mondo e dell’amore di Gesù Risorto per la Sua chiesa e dimostriamo al mondo che Dio dimora in noi, ci tocca, ci rigenera, ci unisce a Sé e ci spinge verso gli altri, facendoci riconoscere come Sua immagine e somiglianza, come figli Suoi e, quindi, ci chiede di amarci come fratelli, perché tutti figli nel Figlio, che ci ha amato, fino a dare la Sua vita per noi. L’amore fraterno non è mistica ideale, è prassi esistenziale e quotidiana! Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta’ (Gc 2,26)

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    Ultimo aggiornamento: 01/05/2015 - 09:12