23a Domenica Ordinaria, 07.09.2014

  • L'amore, pienezza della legge, corregge, sorregge, converte e guadagna il fratello.
    Dobbiamo ancora imparare bene l’arte preziosa dell’amorevole servizio della correzione fraterna ed il faticoso cammino di riconciliazione fraterna insieme alla responsabilità ecclesiale a dover ‘riguadagnare ad ogni costo’ il fratello ‘peccatore’. Prima di ogni cosa, devo convincermi che “l’altro” è mio fratello, anche quando sbaglia, del quale sono e resto responsabile, come una madre ed un padre del loro bambino: ti chiederò conto del tuo fratello! La correzione fraterna è un atto particolare per adempiere il comandamento dell’amore del prossimo, quell’amore vicendevole, che Paolo, oggi, dice essere la pienezza e il fine della Legge e degli altri comandamenti. Deve essere un doveroso e prezioso servizio dell’amore gratuito e disinteressato verso “l’altro”. Compito del cristiano non è giudicare, condannare ed escludere chi sbaglia, ma quello del profeta - sentinella attenta e vigilante, (prima Lettura) che ha il compito di avvisare il fratello, portandogli e annunciandogli la Parola che salva, fargliela comprendere ed accompagnarlo con pazienza e amore, fino fargli aprire il cuore alla speranza, al pentimento, al ravvedimento e alla conversione e piena comunione con Dio Padre e con i fratelli. Lasciamoci, dunque, ‘correggere’ tutti dalla Parola Vivente nel Suo Spirito per essere più disponibili al riconoscimento dei nostri errori e peccati e a lasciarci riconciliare in/per/con Cristo e con i fratelli per essere educati a saper ‘correggere’, con amore e per amore, il fratello che sbaglia e ‘guadagnarlo’ al Signore e, quindi, alla Comunità. Allora, lasciarsi ‘correggere’ dalla Parola, Gesù, Maestro vivo e presente ‘in mezzo a noi’, per imparare l’arte di saper ‘correggere’ con amore e competenza, “l’altro” che sbaglia! ‘La corresponsabilità di tutti’ nel ristabilire la comunione ecclesiale e guadagnare il fratello (“l’altro”) che ha sbagliato (prima Lettura e Vangelo), parlandogli con amore, perché non indurisca il cuore, ma si renda disponibile alla correzione e alla conversione (Salmo), ristabilendo, così, l’agàpe, l’amore fraterno, riversato da Dio nei nostri cuori, che è compimento di ogni cosa e pienezza della Legge (seconda Lettura). L’agàpe, infatti, è il principio, la fonte dell’agire morale, è il fine della Legge ed in essa ‘si ricapitolano’ e si compiono tutti i comandamenti, ed è l’anima della Chiesa, Comunità di fratelli perché uniti in/con/per/da Cristo. La Parola di Dio, oggi, vuole insegnare a tutti i membri e in modo particolare ‘primi responsabili’ e servitori umili e fedeli, della Chiesa, come comportarsi con quelli che sono caduti o si trovano in pericolo di cadere. I credenti devono imitare l’atteggiamento di Dio, il quale “non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva” (Ez 33,11) e che non vuole che si perda alcuno di quelli che gli ‘appartengono’ (cfr Lc 19,10; Gv 3,16; 6,39; 17,12). Dunque, la norma della Chiesa non deve essere la via della separazione e della scomunica (come si procedeva nella Sinagoga) ma, deve essere - dice Gesù - la via della Correzione Fraterna, e la Via della Preghiera. La Chiesa, Gesù la vuole non come la Sinagoga o peggio come un tribunale che scomunica e condanna: la vuole come Madre come Egli l’ha istituita e fatta uscire dal Suo cuore squarciato e dissanguato sulla Croce (Gv 19,34)! Dio ce ne guardi, fratelli e sorelle, perciò, dal gravissimo peccato, assai frequente, di infierire, senza pietà, contro il fratello, già ferito e, forse, a morte dal suo peccato, dalla critica aspra, aggressiva, astiosa, rivendicativa e distruttiva e da ogni accusa impietosa e mirante solo a umiliarlo e disprezzarlo, a condannarlo e a scomunicarlo! Guai a noi, davvero, se non abbiamo ‘guadagnato’ quel fratello che è morto nel suo peccato, perché non lo abbiamo amato come Dio perdona e ama noi! “Della sua sorte chiederò conto a te” (Ez 33,8). Inoltre il verbo “ammonire” (elénchein) vuol dire “correggere” (cfr Lv. 19,17). “Guadagnare” (cherdàino), invece, indica la procedura della correzione fraterna per ricondurre alla conversione (cfr 1 Cor 9, 19-22), a ‘ri-guadagnare’ il fratello e non a “dis-perderlo” ancora di più! Infine, anche nel caso estremo del rifiuto di tutti tentativi, mai la Sua Ekklesia potrà e dovrà chiudergli la porta in faccia, ma dovrà uscirgli incontro, parlargli al cuore, abbracciarlo e ricondurlo nel suo grembo di madre e ‘guadagnarlo’ a Cristo.
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    ultimo aggiornamento: 04-09/2014 - 18:33