14a Domenica ordinaria, 06.07.2014
Venite a Me, Voi tutti,
Imparate da Me e Seguite Me
La
Parola, oggi, ci annuncia e fa contemplare la bellezza e il fascino
di essere miti, in questo nostro tempo dominato dall’aggressività
esistenziale, economica e sociale, richiamandoci ed invitandoci a
sperimentare la grandezza dell’essere piccoli e umili,
a pregustare la pace ristoratrice e risollevante che solo chi esce
da se stesso e vive secondo lo Spirito di Gesù, può accogliere e
godere pienamente. Contro la logica della prepotenza senza ostacoli
a volersi affermare ad ogni costo, calpestando i diritti e la dignità
degli altri con una tale aggressività che ci acceca a tal punto da
distruggere anche i rapporti più sacri come uccidere la moglie, i propri
figli, i genitori e tutte quelle persone credute oppositori ed
'ostacolatori' della propria autoaffermazione. In realtà, sappiamo che
l’aggressività, energia spirituale usata male dal proprio
orgoglio ed egoismo esasperato, e perciò tutta sprecata, perché non
indirizzata e non incanalata al bene, risulta essere il meccanismo di
difesa e il segno inequivocabile della nostra vera debolezza. La
mitezza, al contrario, è posta da Gesù tra le beatitudini ed è una
delle condizioni per essere felici (Mt 5,5). Certo, per il borioso
cavaliere, che monta con superbia lo splendido e focoso cavallo di
razza per sfoggiare la sua preminente posizione sociale e per
sbattere in faccia la sua potenza e la sua ricchezza ed affermare e
imporre se stesso, vedere un Re mite ed umile che cavalca un
asinello, è solo motivo di derisione e ironia! L’uomo che ha
ascoltato l’invito-comando di Gesù ad andare da Lui ad
imparare la vera mitezza e la vera umiltà, sarà l’uomo più libero e
più felice del mondo. Andare da Gesù per imparare ad
amare, attraverso la mitezza, l’umiltà e il dono di sé, vuol dire
apprestarci attorno alla Sua cattedra, la Sua Croce, contemplando la
quale impareremo l’amore più grande! Accorgimento e
suggerimento pedagogico: quando parliamo di vero amore, lo facciamo
con amore, così, se insegniamo la mitezza e l’umiltà, dobbiamo farlo
con mitezza ed umiltà! “Venite,
Prendete,
Imparate”: tre verbi
modo imperativo e non ottativo!
VENITE a diventare Miei
discepoli e a camminare
con Me! PRENDETE il
Mio giogo e il Mio carico:
ASSUMETE, cioè, fino in fondo, il Mio Vangelo e la
Mia Croce! IMPARATE non
una o qualche lezioncina, ma ad essere e a vivere
come Me e a donarvi come ho fatto Io, che sono umile e
mite! SEGUIRE
Gesù, Maestro e Modello di vera umiltà e dolce mitezza!
Venite a Me ed Io vi darò ristoro!
E chi di Noi non è stanco, scoraggiato, depresso,
stressato, oggi! Allora, Venite e Imparate, ci invita
Gesù, rilassatevi insieme e Vi farò vedere come ritrovare serenità,
coraggio e speranza. Ve lo insegno Io che sperimento fatica e
difficoltà, insuccessi ed opposizioni, incomprensioni e rifiuti e,
nello stesso tempo, benedico il Padre per la decisione della Sua
benevolenza! Se mai ci decideremo ad ‘andare’ da Lui per seguirLo,
impareremo a trovare riposo nelle fatiche, conforto nella
sofferenza, speranza nella prova, fiducia e coraggio per riprendere
e continuare il cammino, perché il Mio giogo (ciò che ‘vi
impongo’ con amore e mitezza) è dolce e il Mio peso (ciò
che vi chiedo di fare con amore) è bellissimo e perciò
sopportabilissimo! Si tratta di un giogo e di un peso
che danno libertà, gioia, vera felicità e beatitudine! In una
parola: questo ‘giogo’ ha di ‘peso’, soltanto, quello
dell’amore! Chi ama è legato al ‘giogo’ dell’amato e non per questo
è imprigionato: ci si affatica, e ci si stanca, ma, “Chi ama,
non sente la fatica. E quando l’avverte, ama anche la fatica!”
(S. Agostino). Tutto questo, però, non toglie la fatica di portarlo:
il giogo resta un giogo ed esige impegno costante, sforzo
rinnovabile, dedizione, sacrificio, rinuncia di sé! Anche credere
esige quotidiana fatica; lo stesso amare è un ‘lavorare’ quotidiano
che impegna corpo ed anima, si nutre di pazienza, vive di attesa, di
perdono, di coraggio, di silenzio, di sofferenza! Il Discepolo non
può dimenticare mai che
il giogo dell’obbedienza portato dal Maestro per
tutta la vita, si è trasformato alla fine in una Croce da portare,
sulla quale salire e alla quale essere inchiodato! Il giogo
dell’obbedienza, assunto da Gesù con libertà e con amore, rende
‘leggero e soave’ perfino il peso, umanamente impossibile,
della Croce e fa della Sua morte l’Atto supremo di un Vivente
che, proprio morendo, distrugge la morte e ci apre alla Vita
eterna!
"L’obbedienza senza libertà è schiavitù, la libertà senza obbedienza
è arbitrio! L’obbedienza vincola la libertà, la libertà nobilita
l’obbedienza"
(Bonhoffer, ETICA, 1995)..
ultimo aggiornamento:
05/07/2014 - 10:43