27a Domenica Ordinaria, 05.10.2014
Non dovevano dare uva buona questa vite e questa vigna che producono, invece, acini acerbi?
Siamo stati scelti, chiamati,
preparati e mandati nella Sua vigna, sia come
tralci della vera Vite, sia come collaboratori del Padrone
perché portiamo molto frutto e che rimanga (Gv 15, 16: canto al
Vangelo). La vigna del Signore è la casa d’Israele, dalla quale
Egli si aspettava uva buona e di qualità e, invece, ha prodotto
acini acerbi, si aspettava giustizia e rettitudine nel Suo
Popolo e, invece, continua a spargere sangue e a far gridare gli
oppressi. Per questo va in rovina: ogni passante la deruba e
animali selvatici la devastano (prima Lettura). Allora, ‘Dio
degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa
vigna e proteggi quello che la Tua destra ha piantato’
(Salmo). Risponde Dio, mandando il Figlio Suo a rifondare la Sua
vigna, a ripulirla da tanta malvagità e risanarla da tante
ferite e tanto sangue! Dio pianta la nuova Vite, il
Figlio amato, che innesta a Sé, con il sacrificio della Croce, i
tralci, ormai secchi e morti, perché rivivano e portino frutti
nuovi e abbondanti per la gioia e la pace di tutti (Vangelo
e seconda Lettura). È la storia d’amore tra Dio e il Suo
popolo, tanta tenerezza e tanta premura! Ma nessuna risposta e
nessun frutto desiderato e atteso! Anche l’altra vigna,
quella del Vangelo, che ha portato i suoi frutti, è stata
sottratta al Signore dagli affittuari e affidatari i quali
bastonano e lapidano coloro che sono stati mandati a ritirare i
frutti che spettano al Padrone e anche il Figlio hanno ucciso
nel disegno di diventare eredi e padroni del campo. Storia di un
amore non amato, tradito e ingrato, non corrisposto, anzi,
rifiutato ed ucciso. Gesù Cristo, vera Vite alla Quale devono
innestarsi intimamente tutti i tralci per poter portare i frutti
che Dio desidera e si aspetta,
Pietra angolare sui cui
cementare noi, pietre vive, per l’edificazione della Sua Chiesa.
Nell’Eucaristia
Dio continua a cantare il Suo cantico di amore per la Sua vigna,
anche se ancora ingrata e irriconoscente, nell’attesa paziente e
misericordiosa che si decida finalmente a portare i frutti
desiderati! Egli, con la Sua Parola vivente, Gesù Cristo, ci
interpella facendoci capire che Egli parla di noi, vignaioli
infedeli, presuntuosi che calpestiamo la Sua vigna, ce ne
impossessiamo, togliendo fuori ed eliminando dalla nostra vita,
addirittura, il Figlio, usando a nostro piacimento e per i
nostri interessi i Suoi frutti! Ciascuno di noi, dunque, prenda
coscienza di essere stato
scelto, chiamato e
mandato nella Sua vigna, che è
il mondo, l’intera comunità umana, a produrre frutti di bontà
e di virtù vere, nobili, giuste, pure, amabili,
onorabili e lodevoli (Fil 4,8), a rispondere, con lealtà e
fedeltà al Suo amore per portare i frutti che il Signore si
attende (prima Lettura) e restare fedeli e perseveranti
nel servizio e compito affidatomi, senza escludere il padrone ed
impossessarmi della sua vigna e dei suoi frutti, eliminando
dalla mia vita Colui per il Quale è stata piantata e che dal Suo
sangue è stata lavata, purificata e liberata da ogni malvagità,
violenza e ingiustizia (Vangelo)! Dio da ciascuno di noi, vite
scelta e trapiantata nella Sua vigna, vangata con cura e
amorevole attenzione, si aspetta frutti, da Lui desiderati, che
realizzano il nostro essere e giustificano il nostro esistere.
La vite, che non porta più frutto a null’altro può essere
destinata se non ad essere sradicata, fatta seccar
e e bruciare!
In una parola: devo
portare frutti, perché, altrimenti,
non sono più IO, come
la vite, non è più VITE,
se non dona uva buona!
È necessità ontologica e, perciò, evangelica,
quella di portare FRUTTI
buoni, nobili, onorati, virtuosi, puri, lodevoli,
amabili
e giusti!
ultimo aggiornamento:
04/10/2014 - 07:45