Il Vangelo della Misericordia
24a Dominica Ordinaria, 15
Settembre 2013
È Dio che ci
chiede di far festa gli uni con gli altri, perché
siamo tornati a casa e siamo nelle Sue braccia! Stavamo per morire,
ma, ora, siamo ritornati a vivere con Lui, che non vuole la morte
del peccatore ma che si converta e viva. Egli tiene riacceso in noi
la fiducia e il desiderio di casa, ha fatto rinascere la voglia di
ricominciare e ci sostiene con la certezza del Suo amore che è più
grande del nostro errore e peccato!
La Sua fedeltà è più grande delle nostre infedeltà e
rifiuti! Mi sono allontanato, in cerca di libertà e
felicità che credevo si potessero comprare con l’eredità che ho
sperperato, invece, in dissolutezze e mi sono ridotto a pascolare e
mangiare con i porci! Ho pensato a mio Padre, ho avuto la certezza
che mi aspettava, ho riacceso il desiderio di casa mia! Ho deciso:
mi alzo, voglio ritornare a casa da mio Padre per dirgli
semplicemente “ho peccato”! Egli,
perché mi ama, mi ha lasciato andare, ma non mi ha abbandonato, mi
ha atteso e, ora, mi corre incontro ad abbracciarmi! È avvenuto
proprio così: mi ha visto da lontano, si è mosso a compassione e,
felice, mi ha stretto al cuore e mi ha ricolmato di baci materni. La
Domenica della Gioia e dell’Abbraccio del
Padre misericordioso al figlio che si era perduto ed è stato
ritrovato, che era morto ed è tornato a nuova vita. Per questo
bisogna far festa! C’è più festa in cielo per
un peccatore che si pente che per novantanove giusti che non hanno
bisogno di conversione (v 10). Ogni giorno, Dio prepara per noi
la festa del ritorno nelle Sue braccia e offre a noi il banchetto
della vita che dona vita e conduce alla vita: l’Eucaristia, Pane
della libertà, della verità, della comunione, della vita piena.
Nell’assemblea liturgica siamo una cosa sola, ma non
confusi in una massa: siamo in tanti, eppure Dio conosce e ama
ciascuno in particolare e tutti riunisce nel Suo abbraccio materno e
paterno. Da qui nasce la gioia! È da qui che scaturisce la festa per
gli altri! Due figli da abbracciare. Il
figlio minore: dominato dall’io, accecato
dall’autosufficienza, stregato da una pseudo libertà, fine a se
stessa, sbatte la porta in faccia al Padre, noncurante del dolore in
cui lo sprofonda, ingrato e spensierato, lascia la casa, per
andarsene lontano a ‘realizzarsi e farsi da sé ’. Risultato
inequivocabile: dal possedere tanto al mendicare per
strada, da figlio a guardiano di porci!
Il figlio maggiore
si mostra fedele, ma è senza amore. Il suo agire è da schiavo, non
da figlio! Non può darsi fedeltà senza amore, figliolanza senza vera
paternità! Io, questi, lo chiamerei figlio rattristato,
cupo, ammalato di gelosia che lo corrode e corrompe dentro, fino
a farlo stare sempre più male, astioso, senza sorriso, s
enza gioia,
un figlio che vive solo per essere infelice e per “infelicitare”
il padre, il fratello e tutti coloro che gli sono vicini!
Il Padre-madre,
aspetta il minore, lo
vede, si commuove, gli corre incontro, lo abbraccia, lo bacia, lo
perdona, lo riveste di dignità e libertà, indice per
lui la festa grande per gridare al mondo che un figlio
perduto è stato ritrovato e un figlio morto è ritornato a vivere!
Al
maggiore
chiede di ritornare ad essere figlio e lo invita ad entrare a
partecipare alla festa: figlio mio, non sei felice anche tu che
tuo fratello è ritornato?
Dai, Sii Felice Anche Tu Ed Entra, Vieni A Festeggiare Con Noi!
Don Vincenzo Carnevale