32a Domenica Ordinaria, 10 Novembre 2013
Vivere, fin d'ora
da Figli della Risurrezione.
La vita è più forte della
morte! La morte
sarà distrutta e
i risuscitati avranno
parte
alla vita di Dio e non saranno più sottomessi
alle leggi di questo
mondo. L’amore di Dio è più
forte del nostro peccato e la Sua fedeltà
vince la nostra infedeltà.
La nostra esistenza terrena
non ha altra finalità che quella di approdare ad una vita
nuova ed
eterna.
Il mondo futuro non è
il prolungamento di
questo. La nostra
fede nella risurrezione
non è frutto del nostro
bisogno di esistere anche
oltre la morte, ma, è
realizzazione del “bisogno” di Dio
di amarci,
di darci la Sua vita e di
custodirci all’ombra delle Sue
ali. “Di chi sarà
nell’ultimo giorno?” Non sarà di nessuno, perché
nessuno sarà più possesso di
nessuno, saremo figli di
Dio, in quanto, figli
della risurrezione. Se il
detto popolare sentenzia ”si nasce per morire”, noi credenti
lo completiamo e
lo illuminiamo con il dono
della nostra fede: “Noi moriamo per risorgere
e vivere in eterno con il Signore”. Più che chiederci, allora, il
come risorgeremo o che
cosa è la risurrezione,
dobbiamo credere e vivere sin
d’ora insieme con Chi si è proclamato essere ‘la
Risurrezione e la Vita’(Gv 11,25). È bello morire per
attendere da Dio l’adempimento della speranza di essere da Lui di
nuovo risuscitati, proclamano i sette fratelli, con la loro madre (2
Mac 7,1-2.9-14), mentre, sottoposti a mille torture, danno
testimonianza della loro fede, fino al martirio. La loro fede nella
vita oltre la morte, si
fonda nella potenza del ‘Re
dell’universo’ che è più ‘potente’ del re terreno, in quanto
questi può procurare solo la morte corporale, il Signore, invece,
dona la Vita Eterna,
risuscita a Vita Nuova. La
fiducia incrollabile nel potere e nell’amore sempre fedele
di Dio, che ha creato dal nulla e ‘che
restituirà di nuovo lo Spirito e la Vita’, rende incrollabile la fedeltà alla Sua Legge,
rende forti e fieri nel sopportare e vincere ogni prova, tutti i
tormenti e la stessa morte!
Nel Vangelo, la domanda “come
risorgeremo?”, scaturisce dal tentativo di voler ‘spiegare’
la vita eterna, pensandola e riducendola a
una sorta di prolungamento
di quella terrena. La risposta semplice e chiara di Gesù scompone la
complessità del caso,
perché annuncia la novità
del Suo Vangelo:
la Vita Eterna sarà completamente
diversa da quella terrena e che nessun uomo può determinare e
spiegare la vita oltre la morte!
La Risurrezione
implica il dono del
Signore (“giudicati degni della vita futura”) dell’immortalità e ‘resi partecipi’ della risurrezione di Cristo (fatti “figli della risurrezione”), saremo fatti pienamente in Lui “figli
di Dio”, “pari agli Angeli di Dio”, avremo in dono
una nuova qualità di vita immortale,
libera, perciò, da tutte le
condizioni proprie della vita terrena e mortale.
La Risurrezione, dono
del Signore, dunque, introdurrà la creatura, “giudicata
degna” e fatta partecipe della vita eterna in un modo tutto
nuovo di vivere e perciò tutto ciò che attiene alla
vita terrena e alla
sua condizione mortale (matrimonio
compreso) non avrà più ragione di essere.
Dio è il Dio dei vivi e non dei morti, perché tutti vivono
per Lui. Ora, Gesù avvalora
e fonda quanto ha
annunciato, facendo
riferimento alla stessa Legge alla quale i Suoi ‘avversari’ si
erano appellati, citando il passo del roveto ardente quando Mosè chiama il Signore “Dio di Abramo, Dio di
Isacco, Dio di Giacobbe” (Es 3,6.15),
esprimendo così la sua
viva convinzione che i Patriarchi sono vivi
al di là della morte! “Tutti
vivono per Lui”- aggiunge Luca - per chiarire
attraverso quel “per”
(strumentale e causale)
che in tanto ‘tutti possono
vivere’ in quanto tutti ricevono la vita
da Lui!
Credere alla Risurrezione, dunque, non vuol dire solo nutrire
una vaga speranza di vita
oltre la morte, ma iniziare
a vivere oggi, questa nuova
esistenza promessa! Dobbiamo vivere come “figli
della risurrezione”, ponendo nel “Dio dei vivi” la nostra speranza e la stessa certezza che ha
Paolo: “né morte né vita
potranno separarci dall’amore di Dio” (Rm 8,38-39), “se viviamo, viviamo per il Signore, se moriamo,
moriamo con il Signore: sia che viviamo sia che moriamo siamo,
dunque, del Signore” (Rm
14,8) e con la gioiosa
consapevolezza che “non sono
più io che vivo, ma, Cristo vive in me” (Gal 2,20). Noi non
sappiamo e non possiamo immaginare
come sia questa
vita eterna, ma, certamente ciò che Dio ci riserva è più grande di
ogni nostra immaginazione e desiderio:
Sarà
comunione-amore con Lui e
tra tutti noi, piena e
senza fine! Nulla di ciò
che umanamente è bello,
puro, vero, autentico
scomparirà o sarà
distrutto: tutto sarà perfetto in Dio. Noi, allora, impegnandoci
a voler vivere fin da quaggiù da figli della
risurrezione, in ogni Eucaristia, vogliamo proclamare: “Annunziamo la Tua morte, Signore, proclamiamo la Tua
risurrezione, nell’attesa della Tua venuta”!
Fai clic qui per la meditazione integrale dell'Omelia
63a Giornata Nazionale del Ringraziamento,
10 Novembre 2013
Giovani Protagonisti nell'Agricoltura
Carissimi Giovani,
l’icona di Martino, giovane ufficiale romano, che, di fronte alle
necessità di un povero infreddolito, taglia il suo mantello in due e
lo condivide, donando un raggio di sole e di calore che resterà
sempre impresso nella memoria di tutti noi. San Martino
ci insegna a vivere la vita come
un dono, facendo sgorgare la speranza laddove la speranza sembra non
esserci. Ci colleghiamo così alle costanti esortazioni di Papa
Francesco: “Prima di tutto, vorrei dire una cosa, a tutti voi
giovani:
non lasciatevi rubare la speranza!
Per favore, non lasciatevela rubare! E chi ti ruba la speranza? Lo
spirito del mondo, le ricchezze, lo spirito della vanità, la
superbia, lo spirito del benessere, che alla fine ti porta a
diventare un niente nella vita” (Discorso agli studenti delle scuole
gestite dai gesuiti in Italia e in Albania, 7 giugno 2013). A
Capocabana: “Cari
amici, non dimenticate: siete il campo della fede! Siete gli atleti
di Cristo!
Siete i costruttori di una Chiesa più bella e di un mondo migliore!”
(Veglia di preghiera con i giovani, Rio de Janeiro, 27 luglio
2013).
Atleta
era Martino,
Atleti
siete Voi, carissimi giovani, che
avete scelto di restare nella vostra terra per lavorare i campi,
con dignità e qualità, per fare della vostra campagna un vero
giardino. Vi siamo grati e
sentiamo che questa vostra vocazione rinnova l’intera società,
perché il ritorno alla terra cambia radicalmente un paese e produce
benessere per tutti, ravviva la luce negli occhi degli
anziani,
che non vedono morire i loro sforzi, interpella i responsabili delle
istituzioni. Come vi ha esortato il Papa: “Voi
giovani, siate i primi:
andate controcorrente e abbiate questa fierezza di andare proprio
controcorrente. Avanti, siate coraggiosi e
andate controcorrente!
E siate fieri di farlo!”
(Angelus, 23 giugno 2013).